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  La storia delle gemme 

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La pietra preziosa è una pietra piccola, rara dura e che eredita dalla natura il nome di bella. Questa è la definizione data da Anselmo De Boot studioso del 600 e medico dell’imperatore Rodolfo II di Asburgo. Questa definizione è in parte quella che oggi viene comunemente data alla gemma (dal latino bocciolo).

 

Ma quando e come furono utilizzati i primi minerali?

 

Il primo ad essere utilizzato fu il sale di cui si comprese subito la sua importanza osservando il comportamento istintivo degli animali. Nell’età della pietra l’uomo usava minerali appuntiti come selci, corniole e vari calcedoni come armi o utensili di taglio. Ma solo grazie all’età del bronzo (lega ottenuta unendo due metalli: lo stagno e il rame) e soprattutto all’età del ferro che l’umanità conobbe un lungo periodo di espansione economica e di civilizzazione.

L’uomo inizia ad usare i minerali come pietre preziose già nella preistoria. I primi amuleti di corniola forata al centro e i sigilli risalgono ai Babilonesi. L’arte di incidere (glittografia) fu iniziata dai greci e perfezionata dai Romani anche perché i più grandi gioiellieri dell’impero erano greci.

In questo periodo nascono i primi saggi inerenti le pietre preziose. Plinio ad esempio dedica l’ultimo dei suoi 37 libri della Historiae Naturalis alle gemme dove, a favolose credenze, si alternano acute osservazioni. Ad esempio circa la genesi del cristallo (il quarzo) si pensava alla condensazione di liquidi dal freddo. Da qui la credenza che nel cristallo non era possibile bere bevande calde.

Plinio inoltre reputa che l’ambra si formi dalle urine delle linci. In particolare se di colore rosso fuoco, è attribuita alla lince maschio, se sbiadita o biancastra, alla lince femmina. Il rubino si pensava che crescesse sulle piante e mostrasse il suo bel colore rosso porpora se raccolto ben maturo. Lo zaffiro era considerato come una goccia solidificata della favolosa bevanda degli dei che conferiva l’immortalità. A tali favole Plinio affianca anche acute osservazioni circa ad esempio la forma geometrica dei prismi esagonali del quarzo e del berillo, attribuendola al caso o all’intervento degli dei,  o la proprietà dell’ambra di attrarre a sé le foglie, una volta strofinata.

Nel medioevo in tutta Europa le pietre preziose divennero appannaggio della nobiltà, sovrani e clero. La lavorazione delle pietre non era molto sviluppata, ciò nonostante le pietre non venivano utilizzate grezze ma venivano asportate le parti difettose per rendere migliore il loro aspetto. Anche in questo periodo nascono curiose credenze circa le virtù magiche delle gemme. Re Giovani di Inghilterra usava portare con sé una turchese in grado di cambiare colore in presenza di veleni. Lo smeraldo era ritenuto simbolo di verginità: la sua rottura era considerato segno di verginità infranta. Si narra del re di Ungheria che dopo la sua prima notte di nozze vide il suo magnifico smeraldo che portava al dito, frantumarsi in 3 pezzi.

Nasce la litoterapia per cui si credeva che le gemme fossero dotate di poteri magici e che dovessero essere indossate o peggio ingerite. Il diamante era considerato un potente veleno, oggi riteniamo non tanto per la sua composizione, quanto per il duro lavoro a cui era sottoposto l’intestino di chi li mangiava. Lo smeraldo allontanava la dissenteria e la peste. Inoltre posta sul ventre di una donna gravida ne ritardava il parto, mentre lo accelerava se era poggiata su una coscia.

Dal XII al XIV sec. in Europa si assiste ad uno sviluppo artistico che coinvolse le pietre preziose. In particolar modo nascono in Francia delle corporazioni di artisti il cui scopo è quello di realizzare nuovi modelli e di preservare quelli antichi. In questo furono molto aiutati dai sovrani francesi e di borgogna che hanno conservato intere collezione di gioielli antichi. Il commercio di pietre diviene fiorente. Queste venivano vendute a peso e in particolare a carato. Il termine sembra derivi dal seme di carrubo il cui peso, pressocchè costante, corrisponde ad 1/5 di grammo. Gli Arabi chiamavano il seme CARAT trasformato in  greco KERTION e giunto a noi come carato (riconosciuto come unità di misura solo nel 1920).

Tra il XV ed il XVI sec. ci fu un ulteriore sviluppo dell’arte della gioielleria, soprattutto in Italia (Roma, Venezia, Firenze) dove arrivarono parecchi artisti da Costantinopoli, presa dai Turchi. I materiali più usati erano l’ambra baltica e le selci della Slesia, Sassonia e Boemia. Anche le pietre più rare erano considerate di notevole interesse.

Nel XVII secolo il diamante, spesso sostituito dai più teneri quarzi e finora tagliato a rosa a causa della sua estrema durezza, crebbe di importanza, soprattutto grazie alle nuove tecniche di lavorazione che sfociarono nel taglio brillante suggerito da un grande intenditore ed amatore di pietre preziose qual’era il Cardinale Mazzarino.

Pertanto con il termine brillante ci si riferisce ad un particolare taglio delle gemme e non alla natura delle stesse.

Cresce l’uso delle gemme presso il clero e i nobili e ciò favorisce l’aumento delle imitazioni in vetro a causa della difficoltà di reperirne una grossa quantità. Le maggiori scoperte scientifiche si hanno in questo periodo grazie alle ricerche degli alchimisti per fabbricare l’oro o l’elisir di lunga vita.

Nella seconda metà del XVIII sec. le gemme entrano nei costumi della borghesia, per cui si dovette ricorrere a nuovi giacimenti per soddisfare la sempre più crescente domanda, la qual cosa venne accelerata dall’invenzione della macchina a vapore che incrementò le velocità dei trasporti.

Alla fine del XIX e all’inizio del XX sec. ci fu un breve crollo delle vendite di gemme a causa del loro alto prezzo e della nascita dei primi sintetici. Il fenomeno fu solo provvisorio in quanto si ritornò presto a preferire le pietre preziose vere anche se più costose, rispetto alle sintetiche meno pregiate.

Le pietre preziose sono tra le cose più belle che ci fornisce madre natura, che preleva il minatore e che modifica l’artigiano. Abbiamo visto che sono materiali usati come simbolo di potere e come terapia di malattie e pestilenze. Sono tra i materiali più belli che una donna ama indossare, causa di invidie e di delitti, oggetti di imitazione e di riproduzione, oggetti a cui venivano attribuite genesi fantastiche e  poteri terapeutici di cui noi oggi possiamo solo sorridere, a patto di liberarci da qualsiasi tipo di superstizione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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